Profilo di Mino Scatasta
Giacomo Scatasta (Mino), nasce il 28 agosto 1931 ad Ascoli Piceno in una bella famiglia in cui, con i suoi tre fratelli e una sorella, e riceve dai genitori un'educazione profondamente cristiana.
Lui stesso racconta :
"Fin da piccolo desideravo amare Dio e la prima Comunione fu per me un dono immenso. Poi all'età di quindici anni ebbi un periodo di sbandamento.
"A vent'anni ho conosciuto la Pro Civitate Christiana di Assisi. In un primo tempo mi aveva interessato, perché pensavo di aver trovato quanto potesse soddisfare la mia anima, cioè la realizzazione di quell'amore scambievole di cui parla il Vangelo e la possibilità di vivere una vita tutta piena di Dio. Ma ben presto, conoscendo meglio quell'esperienza, capii che non era quella giusta per me. Ero un bravo ragazzo, vestivo in modo elegante, giacca a doppio petto. Avevo all'occhiello della giacca un distintivo con una croce. Nella mensa universitaria mi facevo notare. Prima di mangiare facevo diversi segni di croce. Era provocatoria la cosa... Uno che si è stufato mi ha detto parolacce.
Nel 1953 conosce alcuni focolarini che lasciarono in lui una profonda impressione per l'amore scambievole che vedeva attuato fra loro:
"Di fronte a questa testimonianza sentii di dovermi rinnovare totalmente e immergermi in questa vita soprannaturale per raggiungere quella semplicità tutta divina che avevo scoperto nei focolarini . E' stata dura perché mi sono accorto che fino ad allora non avevo capito niente di cristianesimo. Mi sentivo come un pezzo di sale che si doveva sciogliere, ma non si scioglieva… A Fiera di Primiero, durante la Mariapoli, mi sembrò di capire un po' la realtà Gesù abbandonato. Ma mi domandavo: sarà vero? Perchè era una scoperta nuovissima per me, una scoperta enorme! Tanto che andavo da tutti i focolarini che incontravo e chiedevo: è così? Ho capito bene? Però un conto è capire e un conto è vivere".
Tutto della vita dei focolarini lo colpisce e gli parla al cuore:
"In ogni loro atteggiamento scoprivo la vita del Vangelo e tutto mi spingeva a vivere più intensamente. Ero sicuro di aver trovato la mia strada. Da allora la mia vita ebbe un profondo cambiamento ; capivo che dovevo amare ogni fratello che mi passava accanto, ricordando che: "qualunque cosa avrete fatto ad uno di questi minimi, l'avrete fatto a me".Ed ogni giorno mi si apriva davanti un nuovo orizzonte che mi illuminava la strada da percorrere, per essere sempre più un altro Gesù".
Anche nel lavoro Mino cercava di testimoniare questo nuovo stile di vita:
"Lavoro come impiegato in una fabbrica , dove ci sono una ventina di operai e dove le volgarità sono considerate spesso il modo migliore per esprimersi. Ora sono rimasti colpiti dal mio modo di vivere e il loro frasario è già cambiato".
Mino entra in focolare nel 1956 e non è facile poter dire in modo esauriente qualcosa di lui e di questi 52 anni spesi con generosità a servizio dell'Opera, ma le persone che l'hanno conosciuto, soprattutto durante la lunga permanenza a Loppiano: Salvatore, Regno, Gigi Stralla Armando Droghetti, ci hanno aiutato ad entrare nell'anima di Mino e a farcelo conoscere di più, nella sua dimensione umana e spirituale.
Scrive Salvatore:
"Da Mino ho sempre ricevuto tanto amore, mi sentivo capito in tutto, soffriva con me per quello che io soffrivo, mi ascoltava e m'incoraggiava ogni volta che mi veniva qualche dubbio. Una volta ha pianto con me, sentiva suo il mio dolore.
Ho imparato da Mino tante cose, mi è stato maestro nei rapporti, sapeva aprire un dialogo con tutti e faceva sentire a proprio agio ogni prossimo che incontrava. A Mino debbo la forza per andare al di là d'ogni difficoltà e non fermarmi mai davanti a qualunque problema. Mino aveva un grande cuore!".
E Regno:
"Mino lo ricordo come una persona sempre felice, allegra. Apparentemente sembrava che non andasse a fondo nelle cose, ma in realtà non era così. Sapeva leggere quello che mi passava dentro o stavo vivendo, e sapeva sempre trovare la parola giusta per incominciare un dialogo o una conversazione, perché ognuno si potesse aprire. Era molto umile e per questo aveva tanti amici".
Gigi Stralla:
"Era sempre pronto non solo a perdonare, ma a scusare le mancanze altrui. Non esisteva per sé. Per lui tutto era possibile e trovava sempre la soluzione per ogni situazione, anche la più scabrosa. Gesù Abbandonato era lo Sposo a cui è sempre stato fedele. Era quasi impossibile vederlo imbronciato. Il suo grande amore per Gesù, lo spingeva ad interessarsi alle persone più bisognose, agli ultimi. La scusa era magari quella di prendere insieme un caffè, di fare una passeggiata, ma il motivo di fondo era quello di farsi uno, di farsi carico di quella persona fino in fondo, fino a quando ogni dolore non fosse consumato".
Mino mentre era a Loppiano si è occupato soprattutto dei visti e dei permessi di soggiorno per tutti gli abitanti della cittadella.
Armando Droghetti racconta:
"In questo lavoro le difficoltà burocratiche erano all'ordine del giorno. Ma Mino era pieno d'amore, intelligente e usava frasi, parole, e modi di fare che spianavano il terreno, e le autorità vedendo che ce la metteva tutta, facevano anche loro ogni sforzo e si adoperavano per trovare le soluzioni".
Dopo un Supercongresso Gen 3, al confine di stato, la polizia non voleva far passare un pullman di ragazzi. Allora Mino è andato al Ministero, ha spiegato l'importanza di questo avvenimento e loro hanno subito fatto una telefonata alla frontiera e così il bus è potuto ripartire.
Un'altra volta dovevano venire dei ragazzi dall'Asia per un congresso, ma era uscita una circolare ministeriale che vietava l'ingresso in Italia per i giovani extracomunitari. Mino si è armato di coraggio e, con la stessa semplicità ed intelligenza, è andato a parlare direttamente con il capo di gabinetto del presidente della Repubblica e ha ottenuto l'autorizzazione.
"Aveva anche il suo modo di lamentarsi. Tutti si ricordano la sua famosa frase: "Ma questo è un asilo infantile!" che accompagnava con una gestualità simpaticissima e con questo suo fare, riusciva a scaricare negli altri la tensione per qualche trascuratezza, per una cosa fatta in fretta e male… e tutto terminava sempre con una bella risata".
Una persona che venticinque anni fa arrivò con la famiglia a Loppiano per stabilirsi nella cittadella, ci ha scritto:
"Mino aveva un'anima capace di amare in maniera smisurata e dimentica di sé le persone che incontrava. Si calava nelle difficoltà di ogni prossimo e non si dava pace finché non lo avesse aiutato. Ma sapeva anche gioire delle felicità altrui. Mi ha aiutato nella matematica, nella chimica, ma forse l'insegnamento più grande è stato quello della vita. Nulla per lui aveva senso, di ciò che non era fatto per il prossimo.
Se a Loppiano arrivavano dieci cassette di frutta di provvidenza, non era raro vedere Mino sul piazzale di Campogiallo distribuirle, magari restando lui stesso senza una mela da mangiare.
Ha scritto in modo indelebile nel mio cuore la concretezza dell'amore".
Ed ora leggiamo brevi stralci, tratti da alcune lettere di Mino:
Scrive durante il servizio militare:
"Qui va benissimo. Sono venuto col desiderio di amare tanto Gesù Abbandonato con tutta l'anima ed ora cerco di esserGli sempre fedele. Sono contento quando Lo posso abbracciare: credo così al Suo amore e vivo più intensamente in Lui".
A Chiara nella Pasqua del '70 confida:
"Mi sembra di capire con l'anima che la nostra vita di focolare è solo avere Gesù in mezzo e ciò che vale è patire per costruire questa realtà, e mi è nata una misericordia mai sperimentata verso il prossimo, un amore grande per l'Opera, la passione per la Chiesa".
E nel '98:
"Molto spesso, facendo meditazione, non riuscivo a pregare perché la mia mente era piena di pensieri, anche se il più delle volte generati dall'amore verso tanti prossimi. Ora tutto è tornato al suo posto. Mi sono reso conto che la dichiarazione d'amore è rivolta a Dio ed ho scoperto con gioia che essa è una preghiera: la sostanza di ogni mio atto".
In questi ultimi anni, cresce la sua unità con Chiara e quest'anno meditando profondamente gli statuti, avviene in lui una profonda conversione. Tutta la sua vita ideale era stata caratterizzata dall'amore concreto al fratello, ma il pensiero di Chiara "meglio il meno perfetto in unità che il più perfetto in disunità" lo illumina e gli fa scoprire in modo nuovo, il grande valore della reciprocità.
Poco dopo questa nuova comprensione è arrivata la diagnosi che ha evidenziato la serietà del suo stato di salute. Mino l'ha accolta serenamente, ed è rimasto nell'amore verso tutti, fino alla fine.